Virginia Woolf - Orlando
E’ stato detto, a ragione, che Orlando è una lettera d’amore e che lo stesso Orlando sia la trasfigurazione di Vita Sackville-West, l’amica-amante di una vita. E la cosa è ancor più vera se pensiamo alla genesi del romanzo, in cui Virginia chiede a Vita il permesso di poterla usare come protagonista.
Sarebbe stato curioso capire cosa sarebbe successo se Vita le avesse risposto di no.
Forse l’amore di Virginia per lei sarebbe finito, o comunque si sarebbe seriamente incrinato.
Virginia avrebbe potuto proseguire la sua storia a discapito del permesso o diniego di Vita. Avrebbe scritto quella storia per intero, perché innamorata della sua idea e di quanto stava venendo fuori, dalla profusione di spunti, descrizioni e dalla massima libertà che le aveva dato l’idea iniziale di costruire un personaggio virtualmente immortale, accompagnato a sua volta da personaggi insolitamente longevi, più dei normali limiti biologici (pensiamo ai domestici di casa, oppure a Greene, il poeta e critico).
Un eventuale rifiuto di Vita avrebbe significato la rinuncia a dare una voce al suo/sua protagonista, e questo avrebbe a sua volta comportato abdicare al piacere di parlare con i grandi del passato (attraverso Orlando), Alexander Pope in testa.
Valeva la pena rischiare un’amicizia e un amore per arrivare a scoprire, come accade in Orlando, che i poeti sono uomini che bestemmiano, pisciano e possono avere idee disprezzabili come chiunque.
La generosità di Vita Sackville-West
Ma solo l’idea di poter attraversare i secoli mantenendo l’energia e il vigore dei venti e trent’anni doveva essere irrinunciabile – in più concedendosi il lusso di cambiare sesso per avere il meglio che la vita può offrire.
Quindi Vita, anche se poteva essere stata contrariata dal vedere la sua esistenza esibita a quel modo, con la bisessualità esplicita e l’identificazione dell’ambiente in cui Vita viveva (la residenza di Knole), poteva aver accettato di rendere pubblica la propria esistenza perché sapeva che Virginia aveva già cominciato a scrivere ed era troppo raggiante per smettere.
Quindi anche l’accettazione di Vita è un atto d’amore, che si esplicita nella generosità con cui concede di illustrare la sua storia con tre sue foto (l’ultima delle quali scattata dal marito di Virginia, Leonard Woolf) e di poter utilizzare tre quadri di casa sua per illustrare il romanzo e far impersonificare i ritratti a personaggi del libro.
A Virginia Woolf non doveva esser sembrato vero di poter descrivere la vita del suo personaggio attraverso i secoli, con i cambi d’abito, di modi e costumi attraverso le varie epoche.
L’età dell’oro? Il Settecento, durante il regno della regina Anna. Ed è vero: in quell’epoca l’Inghilterra diventa la prima potenza marittima e commerciale e la rivoluzione industriale con il suo contorno di sfruttamento, inquinamento e povertà deve ancora arrivare, così come l’oppressione della società vittoriana.
Orlando si sposa
Stupenda è la descrizione dell’avvento di quest’ultima, ai primi dell’Ottocento, spiegata attraverso un cambiamento climatico. In quell’inizio di secolo, racconta Virginia, il clima si era fatto più instabile, con piogge frequenti e umidità che penetrava da muri, porte e soffitti.
Rampicanti selvatici ed edera prosperavano lungo le facciate e i fianchi dei palazzi, e tutti avevano cominciato a coprirsi per proteggersi dall’umidità, dalla nebbia e dalla pioggia.
Si fascia tutto, perfino le gambe dei tavoli e delle sedie. Tutto perciò aumenta di volume, diventa abbondante. Per il freddo che colpisce in ogni stagione si sta sempre più in casa, che diventa ricettacolo di ogni tipo di oggetto, più di quanto non fosse in precedenza.
Ma la permanenza in casa diventa l’occasione per rafforzare l’istituzione della famiglia: padre, madre e figli, tutti felici sotto lo stesso tetto, sotto la guida della grande amorevole regina, madre e protettrice di tutti.
Diventa obbligatorio sposarsi e Orlando si adatta, portando la crinolina (lo scheletro in stecche di balena o canne o giunchi attorno a cui venivano cucite le gonne) e sposandosi.
Ma lo fa a modo suo, con un matrimonio d’amore con l’uomo androgino Marmaduke Shelmerdine, con cui vive giorni di passione prima della sua partenza per Capo Horn.
Così le apparenze sono salve e Orlando può continuare a vivere la sua vita immersa nella letteratura e nella vita sociale del tempo, protetta dallo stigma dell’assenza di matrimonio.
Secoli di conoscenze ed avventure
Colpisce in Orlando l’ammirazione che Virginia ha per Vita, come se lei fosse davvero il frutto di quattro secoli di esperienze, incontri e avventure. Colpisce l’ammirazione che ha per l’essenza della nobiltà, che è appunto la possibilità di godere e crescere, educarsi e spostarsi a proprio piacimento nello spazio e nel tempo, con le possibilità fornite dalle rendite dei suoi possedimenti e dai risparmi accumulati nei secoli dagli antenati e da lei stessa, attraverso gli incarichi ricoperti di favorito della regina Elisabetta I e come ambasciatore in Turchia del re Giacomo.
Virginia ammira Vita perché lei è quel mondo che non è il suo, perché pur provenendo da un ambiente alto borghese e letterario (suo padre Sir Leslie Stephen è l’estensore dell’Oxford Dictionary of National Biography) non ha quella facilità e libertà di movimento che Vita può ricavare dal proprio ambiente.
Questa fascinazione si estrinseca in Orlando, per cui il protagonista non è soltanto la persona Vita Sackville-West del mondo presente, ma anche tutto quello che si porta dietro e cioè secoli di riflessioni ed esperienze, agi e avventure.
La nobiltà di Vita
Proprio la villa / castello ispirata alla residenza di Knole, dove Vita risiedeva (o la sua famiglia) è il centro immobile da cui parte ogni azione e in questo senso potrebbe essere l’inanimata protagonista del romanzo, almeno quanto lui/lei.
Quella casa così grande da sembrare un villaggio, che pare viva una propria vita, accudita da un esercito di duecento camerieri, cuoche, governanti, stallieri, fabbri, contadini, vivandieri. Quella casa dove hanno dormito regine e seduto re, che hanno lasciato impregnato l’atmosfera di quella sovranità che ha fatto la storia.
Tutto questo è Vita, detentrice di un privilegio di nascita che nessuna somma potrà comprare.
E’ pur vero che Vita/Orlando è unica, perché è solo attraverso di lei che possono filtrare tutte queste cose. Non funziona cioè con i nobili intesi come classe sociale, ma è innegabile che la sua nascita renda possibile l’avvento delle Vita Sackville-West in diversi momenti storici, sia in versione femminile che maschile.
L’oggetto della ricerca di Virginia Woolf è questo, alla fine, non tanto il tema della bisessualità, tanto caro ai corsi degli studi di genere, o quello del rapporto fra esistenza e tempo, o quello fra l’io e la sua frammentazione, che pure viene accennato nelle ultime pagine.
L’oggetto della sua ricerca è l’esplorazione dei motivi che rendono Vita così straordinaria ai suoi occhi.
Il genere è un incidente biologico
Vita che si traveste da uomo e flirta con le donne, Vita che viaggia e si muove con agilità nei diversi ambienti, Vita seduttrice, che non ha nemmeno bisogno di porsi perché la sola presenza e dialogo non ha bisogno di forzature per attirare l’attenzione.
Orlando è il tentativo di trovare una spiegazione al suo magnetismo, e in questo senso bisogna leggere la storia di un personaggio che vive fra le pagine ben più di altri più noti o famosi romanzi di Virginia.
In Orlando, lei non ha bisogno di costruire o immaginare, di mettere una parte o tutto di se in un personaggio perché il personaggio è già pronto: basta guardarlo e descriverlo, capendo quello che prova nelle diverse situazioni, riferendo delle sue passioni e raccontando le sue avventure, usando i suoi occhi e la sua voce per visitare i salotti aristocratici, gettarsi in taverne o in carovane di zingari.
In tutte le vicende Orlando resta se stesso, nei secoli e a dispetto del cambiamento di sesso. Orlando, ci dice Virginia Woolf, è la compresenza maschile e femminile in ciascuno di noi, è la nostra essenza di umanità e – lascia capire – tutto il resto che ci distingue in maschi e femmine è solo sovrastruttura: abiti e profumi, armi e corazze.
I genitali di un sesso o dell’altro sono un incidente biologico, Orlando si diverte e vive pienamente le due condizioni in due momenti diversi anche se, memore della sua esperienza maschile, quello che cerca da donna è l’androgino, cioè il maschio con animo femminile, ossia un essere che la natura ha dotato di genitali maschili, ma dotato di bellezza delicata, introspezione e capacità di immedesimazione.
La casa più grande d’Inghilterra
Questo è Orlando, questa è Vita e il romanzo è il racconto dell’innamoramento di Virginia per Vita e il suo mondo.
Non dimentichiamo la residenza di Knole, conosciuta come la più grande casa di campagna d’Inghilterra, una residenza che già dal 1500 poteva fregiarsi di essere una calendar-house, dotata di 365 stanze, cinquantadue corridoi, come le settimane dell’anno e sette cortili come i giorni della settimana.
Non dimentichiamo che Vita è una discendente dei conti di Dorset, cugini di Elisabetta I, da cui hanno ricevuto in dono la stessa Knole House, che da allora è rimasta sotto la proprietà della famiglia Sackville.
Certo, è difficile capire come Virginia potesse conciliare la frequentazione di quegli ambienti con le sue simpatie femministe e la sua vicinanza al movimento operaio e al socialismo.
L’unica spiegazione risiede solo nel fascino esercitato da una persona su di lei.
La ricchezza ma soprattutto la storia, con la collezione di quadri di Knole, i suoi mobili, il letto dove aveva dormito Giacomo I, la sedia dove si era seduta la regina Elisabetta I erano parte di lei e della sua attrattiva.
Vita era bella, non di una bellezza appariscente, da attrice di teatro o da gran dama della sua epoca: era piuttosto il prodotto genuino dell’assemblaggio di tasselli fabbricati in secoli diversi, che in lei avevano trovato luce e armonia. Di fronte a questo, non poteva esserci alcuna considerazione di differenza di classe che potesse tenere.
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