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Tom Wolfe - The Electric Kool-Aid Acid Test

The Elctric Kool-Aid Acid Test di Tom Wolfe è stato ricordato da molti – alla morte recente dell’autore – come il testo fondamentale, o l’ esordio del New Journalism. E’ stato celebrato per il linguaggio, anche se è lo stesso linguaggio inventato da Kerouac negli anni ’50 a partire da Sulla strada, dai Vagabondi del Dharma, e soprattutto da Il Dottor Sax. Il flusso creativo, l’uso di forme gergali, di esclamazioni ingigantite da corpi grafici o ripetizioni, alla moda dei futuristi – viene da dire – era stato visto evidentemente come una novità, laddove si presenta come il racconto della nascita della controcultura hippie, che dalla California si è diffusa in tutto il mondo.
Molti critici vedono il racconto di Wolfe come l’esaltazione della figura di Ken Kesey, attorno a cui ruotano gli altri personaggi dei Merry Pranksters (i felici giocherelloni), ma evidentemente questo racconto della folle corsa per le strade americane da ovest a est e ritorno di un autobus scolastico del 1939 viene inteso in maniera diversa a seconda dell’epoca in cui viene letto.

Pace e amore, ma dove sono i gabinetti?

Ci sono molti dettagli in cui la figura di Kesey e dei Pranksters viene vista sotto una luce negativa. Esempio lo stile di vita. Per parlare dei fondamentali: l’assenza di gabinetti nella loro base di San Francisco, in uno stabile abbandonato e fatiscente e il loro vagare per le strade a elemosinare un bagno ai distributori di benzina. E questo copione ripetuto in ogni tappa del loro viaggio, incluso bussare alle case per i motivi o bisogni più disparati.
I Pranksters insomma, una volta pagata benzina e cibo, restavano alla mercé del prossimo – amici, conoscenti o sconosciuti – per avere ristoro e alloggio nei vari posti che toccavano.
Sono gli aspetti pratici che tutti ignorano quando si parla del Mito.
Il viaggio dello scuolabus Further lo si può vedere come l’inizio di una rivoluzione del modo di vivere, dei costumi, del sesso, dei rapporti di coppia, oppure come l’inizio dei comportamenti e del modo di vivere dei tossici, oppure come il racconto di una grande avventura, della Grande Provocazione, che era quello che volevano Kesey e i suoi.
Volevano sperimentare su se stessi la convivenza e l’uso prolungato di lsd, anfetamine, erba per vedere fino a dove si poteva arrivare. Lo scopo, venuto fuori nel tempo, era quello di creare un’unità di intenti, un’unica Mente fatta di tante anime che pensavano la stessa cosa perché vivevano la stessa cosa.

Quelli rimasti indietro

Ma già per arrivare a questo, due Pranksters si sono persi per strada: la prima è la bella del gruppo, che lascia il pullman all’andata, e il secondo è Sandy, una delle anime del gruppo, che lascia e viene ricoverato in ospedale psichiatrico per deliri di persecuzione e paranoia. In questi due episodi – e nell’insonnia generata dal continuo effetto di stimolanti – si legge già in piccolo la storia della diffusione dell’lsd e la parabola dei movimenti della controcultura nei tardi anni Sessanta.
Non era tutto rose e fiori, come l’iconografia diffusa dai giornali e propagandata dai reduci vuole farci credere. La cultura della droga ha avuto una deriva fatta di dipendenze, ospedalizzazioni, crimine, accattonaggio, sporcizia. Se si dovesse visualizzare viene in mente una parabola che cresce fino a un quarto della lunghezza dell’asse orizzontale. Tocca il suo picco subito dopo un’ascesa verticale e ritorna allo zero dopo poco tempo (poniamo all’unità 2.5 su una scala di dieci), intendendo come zero il punto in cui benefici e disagi si bilanciano. Dopo inizia la discesa nella parte negativa, la parte sommersa dell’iceberg per le restanti unità di tempo, fino alla sua scomparsa, ovvero la metabolizzazione all’interno della convivenza civile.

Ogni droga ha la sua epoca

Con gli anni abbiamo imparato che ogni epoca ha la sua droga. Gli anni Sessanta e Settanta sono anni di ricerca e di lotta, e di volta in volta acidi, cannabinoidi e in ultimo l’avvento degli oppiacei hanno servito diversi scopi: gli acidi per la ricerca di se stessi, di un ordine spirituale superiore; i cannabinoidi per divertirsi e allontanare lo stress, gli oppiacei per dimenticare tutto e godere al di fuori della realtà, cosa che è stata sfruttata dagli apparati di repressione per controllare e rendere innocui i movimenti di protesta.
Ma la critica prevalente ci dice che il libro di Tom Wolfe è stato il volano grazie al quale la controcultura (e in questa anche la cultura della droga) è stata fatta conoscere al grande pubblico. Eppure la penna sarcastica dell’autore non ci risparmia nulla, dal problema della merda a quello dei viaggi finiti male.
L’intento messianico di Kesey, perché questo è il punto, accetta anche tutti i rischi correlati alla diffusione dell’acido lisergico, delle psilocibine e anfetamine, sembra incoscientemente non rendersene conto. Wolfe non ci riferisce di discorsi della montagna o di intuizioni geniali declamate da Kesey: sembra più il tipo da pacche sulle spalle che ti lascia con una massima, sulla cui profondità i Prankster si trovano a riflettere. E’ l’effetto del carisma, l’aura del capo, la forza del maschio alfa. Forza che esercita solo una volta, con Sandy, perché era stato Sandy ad attaccar briga. Nel quadro generale, le spine sembrano prevalere sulle rose, eppure l’effetto, in una involontaria eterogenesi dei fini, sembra quello di celebrare un mondo che già dalla nascita contiene i semi della sua decadenza.

La prima generazione che può scegliere

Ha ragione Wolfe: siamo di fronte alla prima generazione liberata dal bisogno. I padri avevano affrontato la Grande Depressione e la guerra. La generazione dei nati alla fine degli anni Quaranta e quindi ventenni o poco più alla fine dei Sessanta, sanno che la loro vita sarà meglio di quella dei genitori, sono liberi dal bisogno.
La corporate America ha sempre una porta aperta ma i ragazzi odiano il cubicolo con desk, macchina da scrivere e montagne di schede perforate. Quelli sono gli squared, ben tradotto con gli inquadrati. Meglio esplorare la strada, cercare le radici perdute, ma senza l’oppressione del bisogno che avevano i padri.
Tutto vero, e il bello è poter scegliere. Si può andare direttamente a Manhattan e cercare di fare più soldi possibile, oppure lasciarsi il tempo di esplorare, di seguire le proprie inclinazioni, sperimentare, cercare nuove strade, esercitare la propria libertà.
Tutto questo diventa anti-sistema, parole che oggi identificano solo i partiti populisti e sovranisti, mentre un tempo il sistema era rappresentato dall’apparato militare-industriale, dalla guerra in Vietnam, dall’onnipresente FBI erede della gestione Hoover, dal terrore dei rossi. La paranoia è l’elemento unificante dell’epoca, il nemico è dietro l’angolo: la paura dei comunisti dormienti infiltrati e pronti ad attivarsi al segnale convenuto, la paura di Sandy di essere oggetto di chissà quale grande scherzo, di essere quello fuori dal gruppo e alla fine si mette fuori da solo per davvero.

Un Segno in ogni cosa

Nasce tutto quel mondo interpretativo per cui ogni parola, gesto, suono o evento anche minuscolo diventa il segno, anzi, il Segno di un qualcosa di più grande, il presagio di un movimento cosmico, di un’attenzione speciale dei fati al destino di chi osserva. Diventerà questa l’atmosfera malata, la paura di essere spiati, della polizia che può arrivare da un momento all’altro e arrestare tutti per qualunque cosa: possesso illegale di marijuana, vagabondaggio, offesa alla decenza.
E’ l’atmosfera descritta in Vizio di forma, il penultimo romanzo di Thomas Pynchon, ambientato a cavallo dei due eventi che segnarono la brusca fine dell’era hippie in California: il massacro di Sharon Tate a opera di Charles Manson e l’uccisione di un nero da parte degli Hell’s Angels durante il concerto dei Rolling Stones ad Altamont.

Si stringono alleanze

Ma quell’episodio è, appunto, uno dei marcatori dell’era hippie in California, ma ai tempi di Kesey e del Blue Bus si realizza il matrimonio fra gli angeli dell’inferno e i figli dei fiori. E come non potevano incontrare anche gli Angels, i pazzi giocherelloni di Kesey? Convinti di andare a spaccare tutto, vanno a trovare i Pranksters a La Honda, su invito di Kesey. E invece diventano docili come agnellini, stravaccati sull’erba fra tronchi di sequoie dipinti in colori fluorescenti, oppure arrampicati su rami a osservare la vita dall’alto, strafatti di lsd e anfetamine, oltre che di birra, presente in quantitativi degni della loro presenza.
Quella notte ci sono anche Ginsberg e Alpert, quindi si uniscono le anime beatnik e del gruppo di Leary, che pure all’est si era rifiutato di incontrare Kesey. Fuori, la polizia della contea, con auto, lampeggianti e binocoli, a sorvegliare la proprietà e bersaglio di scherno da quelli dentro.
Gli alternativi (diremmo oggi), quelli che cercano, che sperimentano, quelli che vogliono un mondo migliore si cercano, si annusano e si trovano, assieme a un bel po’ di criminali da strada, ubriaconi e tossici vari.
E di incontro in incontro nasce l’acid test, cioè la festa con assunzione di allucinogeni, anfetamine, DMT, erba, psilocibe, alcool e ogni altra sostanza che venga in mente di sperimentare. In tutto e per tutto sono rave, i veri, primi, rave.
C’è l’elettronica, il meglio dell’elettronica fino a quel momento, l’uso delle luci stroboscopiche, musica in varie forme, registrazioni proiettate su muri o sulle pareti di cupole geodetiche, concepite come accumulatori di energia e di esperienze. E’ la forma creativa dell’uso dell’lsd, i tempi beati – che dureranno ancora poco – in cui la sostanza è legale e Owsley da Los Angeles diventa il fornitore ufficiale, con una forza industriale capace di inondare le masse di pastiglie.

Elitari contro democratici

E’ già maturo il conflitto fra la parte elitaria – dell’est e quindi più “europea” – rappresentata da Alpert e Leary, favorevoli all’assunzione di lsd da parte di gruppi ristretti, in ambienti controllati, in grado di ispirare serenità e abbandono, contrapposta a quella “democratica”, di Kesey con il crescente numero di persone che si trascina.
Non a caso il gruppo di Leary si riunisce in una grande villa gotica nel nord dello stato di New York, immersa nel verde di un parco e cullata dal silenzio che circonda i saloni, pieni di quadri e tappeti antichi.
Tutto il contrario di quello che vuole e fa Kesey. Il suo approccio è americano e democratico: se stiamo bene noi con l’lsd, allora devono stare bene tutti, dobbiamo condividere la nostra scoperta, essere una mente sola composta dall’umanità o dalle moltitudini: lo racconta molto bene Jay Stevens in Storming Heaven: LSD and the American Dream.
Leary ed Alpert al culmine del loro entusiasmo vorrebbero che l’uso dell’lsd fosse riservato alle elite. Doveva essere la droga di lusso della classe politica, di chi governa, che avrebbe senz’altro favorito politiche di pace.
C’è molta ingenuità in questo modo di vedere, nel credere a tal punto agli effetti rivoluzionari di una sostanza da trasformare la realtà in maniera manichea: i pochi, buoni e istruiti da una parte e i molti, ignoranti e bruti dall’altra. E c’è altrettanta ingenuità nella visione di Kesey, convinto che la diffusione dell’lsd avrebbe portato a una trasformazione degli esseri umani in esseri superiori, in creature migliori, collegate empaticamente e telepaticamente.
In entrambi i casi c’è la convinzione che l’uso dell’lsd potesse avere effetti rivoluzionari.
C’era la convinzione che l’uso di droghe aiutasse a liberare la creatività. Ricordiamo anni più avanti David Bowie quando in un’intervista confessava la sua riluttanza a liberarsi dell’eroina, convinto che i suoi processi creativi ne potessero risentire.

La parabola di Kesey

Per Kesey il processo fu l’opposto: dopo un clamoroso esordio con Qualcuno volò sul nido del cuculo, cui seguì un secondo romanzo che divise in due la critica, fra il meglio del meglio e il peggio del peggio, di fatto smise di scrivere e terminò la sua carriera di romanziere. La scoperta dell’lsd, la leadership naturale del gruppo dei Pranksters, il continuo sballo in una vita proiettata sugli altri, sulla comunità, l’inseguimento di una miriade di progetti a breve termine – spesso non conclusi – come il film, le feste mal organizzate, il ritardo agli appuntamenti, l’approssimazione in tutte le cose fecero sì che la sua vocazione passasse in secondo piano.
Dopo la fine della sua parabola lisergica, non riprese a scrivere, comunque non continuativamente e senza produrre niente di memorabile, anche se Sometimes a Great Notion divenne un film interpretato da Paul Newman, che concorse a due Academy Award.
La storia di Leary e dei Pranksters ha rappresentato il momento in cui San Francisco cominciò a essere il luogo delle cose nuove, delle rivoluzioni che hanno cambiato il costume, la cultura e con la nascita dell’industria informatica e di internet, anche i rapporti di produzione, spostando l’asse della creazione di valore dal pluslavoro della classe operaia alla rendita di posizione derivata dal monopolio e dalle royalties.
Non è uno spostamento da poco. La New Economy dice di fare a meno della forza lavoro che, quando serve, viene pagata lautamente come portatrice di idee. Ma l’effetto è quello di distruggere il lavoro con la falsa ideologia della libertà di scelta. Più che la libertà, il suo contrario. E tutto nacque a metà degli anni ’60, in una baracca di legno nei boschi, oggi appendice di Redwood City, sede di Oracle. Come a dire, una volta di più, che le strade per l’inferno sono lastricate di buone intenzioni.
In realtà non è così: quello che è rimasto di quegli anni è soltanto lo spirito di disruption: prima il bersaglio era il modo di vivere borghese nato nel dopoguerra, ora è diventato qualsiasi persona, o organizzazione si frapponga come ostacolo alla facilità di fare soldi, solo soldi, senza lasciar nulla, se non macerie.