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Stendhal - Il rosso e il nero

Il rosso e il nero di Stendhal è un romanzo politico, un romanzo a tesi, un saggio in forma narrativa che si svolge nella Francia della Restaurazione, quando ancora è vivo il ricordo delle imprese di Napoleone. L’intento di Stendhal è quello di dimostrare che un regime come quello della Restaurazione impedisca l’esplicarsi del libero ingegno e – soprattutto – l’ascesa sociale delle classi inferiori per motivi di intelligenza, merito o virtù.
I nobili rioccupano i posti che avevano prima della Rivoluzione e galleggiano su privilegi e rendite che gli derivano da proprietà e terreni. Gli oppositori, la classe in ascesa, sono i liberali, quelli che saranno i vincenti nel corso del secolo. I liberali hanno fabbriche, laboratori, commerci, esercitano professioni. La società a tre stati si rimodella, aggiungendo il popolo come vero terzo stato, mentre il primo stato è rappresentato da nobiltà e clero saldamente aggrappati alla rendita e il secondo è la borghesia liberale che esercita il rischio di impresa o che vive della propria professione. Ultimo il popolo: contadini, operai, artigiani, piccoli commercianti.
Julien Sorel fa parte del terzo stato: figlio di un falegname, disprezzato dal padre e maltrattato dai fratelli perché gracile e inadatto, è però un ragazzo intelligente e studioso, nonché bello, qualità che avrà non poca influenza nel corso della storia. Julian Sorel riesce a fare colpo sulle donne delle case dove si trova a servizio come precettore (de Renal) o segretario (de la Mole) e saranno le donne a educarlo al bel mondo, ma anche la causa del suo allontanamento.

Il soffitto di cristallo

In una società statica come quella della Restaurazione, Julien potrà solo essere l’amante di donne già sposate o destinate a sposarsi con uomini della stessa classe sociale. Julien è consapevole di questo ed è uno dei motivi per cui raramente riesce ad abbandonarsi alla passione, ma mantiene sempre un certo distacco. E’ diffidente Sorel, e a ragione, perché gli sviluppi delle vicende si ritorcono contro di lui, una volta che i legami vengono fuori.
Oggi si direbbe che continua a sbattere la testa contro un soffitto di cristallo, che non riesce ad arrivare ai piani alti, pur avendo capacità e intelligenza. I motivi li riconosce da solo: dovrebbe sbarazzarsi delle sue idee repubblicane, della sua ammirazione per Napoleone, concetti che sono fuori moda nell’età della Restaurazione. Sgombro da questi condizionamenti, potrebbe dedicarsi alla carriera, a sfondare ed arrivare a una carica ambita: la nobiltà acquisita attraverso il matrimonio, oppure diventare vescovo, o magistrato, occupare una posizione all’interno dell’amministrazione dello Stato che gli permetta, come Valenod, di disporre a piacimento dei fornitori e disporre di beni pubblici senza controllo; in una parola di accumulare denaro abusando della sua posizione, attraverso corruzione e ruberie.
Julien è prigioniero di questa contraddizione, perché sa che per arrivare a occupare quelle posizioni dovrà diventare un opportunista, adulare i potenti, annullarsi come individuo e cancellare le proprie idee. E’ il prezzo da pagare per soddisfare la propria ambizione e Julien non rinuncerà alla sua integrità, in questo condannandosi da solo fin da subito.

Il rosso delle armi e il nero della tonaca

Ma Julien non è un eroe positivo, per cui ci identifichiamo. Ha chiari in mente i suoi obiettivi, che sono quelli di travalicare sia la sua classe sociale (il terzo stato), che il secondo stato.
Quando l’amico Fouquet gli propone di entrare in affari con lui nel commercio del legname, Julien rifiuta, perché non si accontenta di questo e punta più in alto.
Invece di scegliere di vivere del suo (l’aspirazione di ogni borghese), preferisce restare a servizio nelle case dei potenti, con una buona paga, ma un gradino sopra la servitù. Ci sono anche altri motivi. Il denaro che guadagna aiuta e soprattutto può mettere meglio a frutto la sua istruzione insegnando ai figli del sindaco di Verrieres o scrivendo lettere per il marchese de la Mole, a Parigi.
Ma da quella posizione subalterna Julien ha una prospettiva, un punto di visuale che gli apre orizzonti più alti. Frequentando nobili di provincia o Pari di Francia, accademici, filosofi, abati, ricchi nobili in esilio (il conte di Altamira) il suo raggio di azione si amplia, gli obiettivi si aggiustano e variano, laddove la permanenza in provincia assieme all’amico Fouquet, magari sposato a Elisa la cameriera (che gli avrebbe portato una ricca dote) avrebbe significato fermarsi.
Ed è proprio questo il punto: secondo Julien – e quindi secondo Stendhal – l’unico riscatto sociale consiste nell’ascesa attraverso il rosso, cioè il sangue, la battaglia, l’eroismo; oppure il nero, la Chiesa, la gerarchia, l’istruzione pedante per acquisire una cultura come ornamento, da esibire nelle tavolate dei nobili, stupendo i commensali con le citazioni dei vangeli a memoria.

Un romanzo a tesi

Il ragionamento di Julien è la tesi del libro, che troviamo all’inizio. Non troveremo il rosso in questo romanzo, perché l’epoca delle guerre napoleoniche è terminata. Durante quegli anni gloriosi l’ultimo figlio di un falegname di provincia poteva diventare generale, così come un oscuro isolano era diventato ufficiale d’artiglieria, generale e imperatore.
Quella strada è preclusa negli anni tristi della Restaurazione. Le posizioni di comando sono tornate saldamente in mano alla nobiltà. I comandanti di eserciti sono discendenti di stirpi di duchi, condottieri, ministri, cardinali; non c’è più posto per i figli del popolo.
Resta il nero; su questi binari si svilupperà la storia, con tutte le ambiguità, ipocrisie, contraddizioni causate dalle scelte del protagonista e dallo svolgersi degli eventi. Stendhal vuole dimostrare che ogni tentativo di emergere in una società chiusa è destinato al fallimento umano e morale e per questo non ci fa entrare completamente in empatia con Julien.
C’è una freddezza, una distanza nella descrizione degli eventi e degli stati d’animo dei protagonisti, la stessa freddezza che riprenderà Flaubert in Madame Bovary.
Con Stendhal siamo nel 1830 e i sottotitoli del romanzo (uscito in due tomi) recitano: Chronique du XIXe siècle e Chronique de 1830. Con Il rosso e il nero l’autore vuole comunque confrontarsi con la Storia, il comportamento e le parole dei personaggi sono il diretto riflesso di una situazione cogente, dettata dai rapporti di forza e di potere. C’è una fastidiosa corrispondenza matematica fra gli eventi del mondo, la sua organizzazione in classi sociali e i fatti dei personaggi.

Un arrampicatore sociale

Il rosso e il nero è la storia di un arrampicatore sociale che viene smascherato. Quello che è permesso fare alle classi alte, frequentare più amanti, saltare da un letto a un salotto in un’altalena di emozioni sportive e fatue, non è permesso alle classi subalterne, agli inferiori.
La bellezza di Julien è spesso un ostacolo ai suoi disegni di ascesa sociale. Potrebbe ben fare a meno dell’amore di Mathilde de la Mole per guadagnarsi un posto nell’amministrazione, sicuramente più in alto da dove è partito. Il matrimonio con Mathilde gli garantirà un vita di agi, ma lontano da Parigi e da possibili sviluppi di carriera.
Ma quel che deve essere sottolineato sono i mutevoli cambiamenti di passione e sentimento che agitano il giovane Sorel, così come le altre due donne della sua vita.
M.me de Renal denuncia il suo vecchio amante con una lettera recapitata al marchese de la Mole, dove si chiarisce la natura doppia di Julien, che ammanta la sua vita di principi e finta umiltà per guadagnarsi la fiducia dei potenti. Poi incontra più volte Julien dopo la sua condanna, lo perdona, lo ama ancora, dice che la lettera a de la Mole le era stata dettata dal suo nuovo precettore, un religioso bigotto, da cui era stata influenzata. Prova ne è che morirà pochi giorni dopo la decapitazione di Julien.
Mathilde ama e odia Julien per tutto il tempo della loro relazione. A un certo punto il loro amore sembra finito, ma sarà Julien – perdutamente innamorato – a ravvivarlo con vecchi e gustosi trucchi da Relazioni pericolose, insegnatigli non a caso da un amico nobile. A quel punto Mathilde resta irretita e cederà finalmente alla passione che avrà per Julien fino alla fine. Per molti versi Mathilde è il personaggio più interessante ed empatico del romanzo: vive la sua passione prigioniera dei miti del passato della sua famiglia, convinta di aver trovato in Julien un nuovo Boniface de la Mole, suo avo condannato a morte per amore nella Francia medievale. Mathilde si muove in un palcoscenico, pensa alla sua vita in forma di spettacolo, e i suoi miti cozzano con la realtà. E’ destinata a sposare un nobile suo pari, ma i nobili la annoiano, sono fatui e vanesi. Quale differenza con la fredda determinazione di Julien, destinato, secondo lei, a essere uno dei protagonisti della futura rivoluzione.

Un amore impossibile

La rivoluzione è un fatto che incombe: c’è già stata e potrà ritornare, per quanti sforzi faccia la classe dominante per reprimerla e allontanarla. Sposando Julien, Mathilde si assicura un possibile brillante futuro per se, all’ombra di un marito destinato alla gloria. Questa è la sua scommessa, che conferma la sua visione dell’esistenza, agendo all’interno di un mondo autocostruito di aspirazioni: l’eroina medievale che piange il suo amante, oppure la fiera consorte di un grand’uomo.
Tanta è la forza delle sue illusioni, che queste la conducono al folle amore per Julien, che non viene scalfito dalla lettera della Renal. Per ultimo Julien: fugge via da Verrieres folle d’amore per M.me Renal, ma corre verso Parigi e un futuro carico di promesse. Il confronto iniziale fra Mathilde e la Renal vede prevalere la seconda, ma la continua altalena di attrazione / repulsione, amore / disprezzo, passione / rimorso, secondo cui a turno uno insegue e l’altra fugge, fanno dimenticare a Julien il primo amore. Julien è incendiato dall’amore per Mathilde, ma cura di non farlo trasparire per non dare un vantaggio assoluto all’amante, che lo abbandonerebbe se scoprisse di averlo ai suoi piedi. Ma dopo la condanna Mathilde vede confermare le sue fantasie e il destino di Julien coincide con quello dell’avo Boniface. Sarà lei ad adorarlo fino alla fine, anche se lui capisce di essere parte di una sua commedia, mentre Julien si abbandona per sempre all’amore – ricambiato – per la Renal. L’amore per la Renal è però inquinato dal rimorso per averle sparato alle spalle, in chiesa, con l’intenzione di ucciderla.

Un personaggio anti romantico

Sarà vero amore oppure anche questa volta il sentimento è influenzato dalle circostanze? Non lo sapremo mai. E’ nella natura ambigua di Julien, ambizioso e opportunista così come a tratti appare appassionato e idealista. Così Julien morirà portandosi dietro il suo mistero. Morirà amato dalle due donne della sua vita, nell’indifferenza della sua famiglia: il padre lo visita prima dell’esecuzione e vuole solo i suoi soldi. Ottenuta l’eredità, lo lascia al suo destino senza versare una lacrima. Difficile immaginare un personaggio più gretto, che ci fa meglio comprendere la solitudine del protagonista. Tormentato per la sua colpa, vive gli ultimi giorni in un’estasi vicina al martirio e rifiuta le proposte di fuga o le richieste di grazia che gli arrivano dagli amici e dalle amanti.
Anche Julien si agita in un palcoscenico, la cui struttura è costituita da un malinteso senso dell’onore, un onore teso alla morte a testa alta, in un ultimo atto che dovrà soddisfare le lacrime versate per lui da chi lo ha più amato.
Eppure anche in questo c’è freddezza; la cronaca si chiude così come era iniziata, il nostro protagonista non riesce a suscitare l’empatia totale. Un po’ come Emma Bovary, di cui leggiamo la storia, la comprendiamo, ma ne siamo distanti, non ci consideriamo come lei o come Julien, anche se tutti siamo un po’ Emma e un po’ Julien. Ci teniamo i loro pensieri segreti e le loro ambizioni, viviamo le loro passioni, ma puntiamo il dito e li accusiamo per le loro azioni. In una parola siamo smarriti, non riusciamo a identificare il personaggio, a farne una maschera dalla quale ci aspettiamo posizioni e reazioni. Dobbiamo accettarne il divenire: Julien non sarà sempre freddo, opportunista e cinico, ma cercherà di acquistare genuinità, o di scendere a patti con le passioni che lo agitano. Ambientato in piena epoca romantica,. Julien Sorel è di certo il personaggio anti-romantico di quell’epoca.