Seleziona una pagina

Peter Linebaugh - Marcus Rediker - I ribelli dell'Atlantico

De I ribelli dell’Atlantico è uscita la traduzione italiana per Feltrinelli nel 2004, riproposto poi nel 2018, mentre l’originale in inglese è del 2000; questo a significare che su certi temi siamo indietro di un lustro o di vent’anni. Il lavoro di Linebaugh e Rediker è una controstoria, oppure la storia vista da un’altra prospettiva, che spiega l’espansione coloniale inglese nei secoli come frutto delle confische da parte di nobili proprietari terrieri delle terre Comuni a partire dal Cinquecento, con la creazione di un pericoloso esercito di vagabondi, accattoni e manodopera a basso costo che solo la deportazione nelle nuove colonie americane, o l’emigrazione, ha impedito che il conflitto esplodesse nei confini dell’isola.

La controstoria

Anche se noi abbiamo le nostre storie scritta dal basso, o storia degli ultimi, dei reietti, degli esclusi, degli sconfitti, a creare un corpus disorganico di controstoria, intesa allo stesso modo in cui era stata intesa la controinformazione militante durante gli anni Settanta del secolo scorso. Abbiamo le storie del Cristo dell’Amiata, che sarebbe opportuno ripubblicare, abbiamo le storie dei briganti dell’Italia meridionale, abbiamo un capolavoro: La messa dell’uomo disarmato, di Luisito Bianchi, storia di un prete della Resistenza. Abbiamo negli ultimi anni la storia del colonialismo italiano alla luce dei massacri compiuti dagli italiani in Etiopia, Libia e Jugoslavia nella Seconda Guerra Mondiale (su tutti: Italiani brava gente, di Angelo Del Boca). Oppure gran parte degli studi di Alessandro Dal Lago (La città e le ombre, sugli immigrati; Gli imprendibili, sulla colonna genovese delle BR)
Abbiamo poi pubblicazioni alternative uscite a seguito del movimento dei centri sociali e legati alla libreria Calusca di Milano, come TAZ – Zone Temporaneamente Autonome.
Non è un corpus unico, e le pubblicazioni sono episodiche, spesso locali e quindi poco diffuse. Ma il contributo decisivo e più importante alla controstoria sono i romanzi di Luther Blissett/Wu Ming, in particolare Q, il primo romanzo del collettivo ancora a nome Luther Blissett e Manituana (già come Wu Ming), per i riferimenti alla storia rivoluzionaria americana e alle guerre indiane combattute per opposti interessi, laddove gli inglesi diventano gli alleati delle tribù dell’interno in funzione anti-coloni, così come – con estrema duttilità – vedremo gli inglesi concedere la libertà agli schiavi neri delle piantagioni in cambio dell’arruolamento nelle giubbe rosse per combattere i rivoluzionari americani.
Anche in Wu Ming il punto di vista è quello degli ultimi, dei dimenticati che oscuramente hanno scritto pagine di storia e soprattutto con le loro parole ed esempio hanno contribuito alla diffusione di idee di liberà, uguaglianza, giustizia e pace che – a partire dalle guerre contadine e del massacro di Munster (in Q) durante i disordini della Riforma protestante – si sono diffusi in tutta Europa, arrivando in Inghilterra attraverso contadini anabattisti fuggiaschi, oppure attraverso il passaparola dei marinai nei porti della Manica.

L’informazione attraverso bettole e mercati

Prima della diffusione dei giornali il modo per conoscere come andavano le cose da un paese all’altro era solo il passaparola e sicuramente le bettole, gli inns erano i primi luoghi di incontro tra disoccupati e vagabondi di terra, marinai e schiavi. Per due secoli questi soggetti sono l’idra dalle innumerevoli teste, che occorre mozzare tutte, ad una ad una, per sconfiggere definitivamente il mostro.
Quanto veniamo a sapere nel lavoro dei due storici marxisti americani è quello che si leggeva fra le righe nella storia studiata al liceo e all’università. E’ sempre vero che la storia viene scritta dai vincitori, per cui i vinti non hanno voce – o perché morti, o perché fuggiti, o perché assimilati o comunque ridotti in condizione di non nuocere, di pensare alla sola sopravvivenza nell’oppressione e ingiustizia. L’opera di Linebaugh e Rediker è prima di tutto un elenco, per rendere noti gli episodi di resistenza, singoli o collettivi, che hanno caratterizzato la storia europea, atlantica e americana nei secoli Diciassettesimo e Diciottesimo.
Alla base di tutto c’è il bisogno di coprirsi da eventuali rischi e di accumulare capitale per imprese successive. In Europa questo processo è stato comunemente chiamato rifeudalizzazione, in apparenza un processo regressivo. La nobiltà di sangue, quella delle armi, rincula nelle campagne, si accomoda, si adatta a vivere della rendita che gli danno i fittavoli, i mezzadri, i contadini e artigiani a contratto, che vivono delle forniture e dei servizi al signore.
E’ quanto succede ad esempio a Genova, dove avvengono periodicamente grandi rivolte urbane, che scoppiano perché sono arrivati in molti in città, e non c’è posto o lavoro per tutti: c’è fame, si moltiplicano le malattie, si intensifica lo sfruttamento. La gente cacciata dalla campagna o profuga dalle guerre di religione che insanguinano l’Europa si riversa nelle città, rompendo gli equilibri feudali fondati sullo scambio fra mercanti e corporazioni, dove il credito viene gestito dall’alta nobiltà, quella più appariscente, quella che con i suoi palazzi, cavalli e scuderie colpisce l’immaginazione del popolo. Quella il cui lusso inarrivabile è uno schiaffo continuo alla folla di mendicanti, malati e storpi che popolano strade e baracche. La città è chiusa dalle mura, ci si può alzare in altezza, fino a quando le leggi della statica e i terremoti lo permettono. Accade a Genova, con densità pari a quelle dell’odierna Dacca. Accade in tutti i luoghi dove gli antichi equilibri si rompono. La rifeudalizzazione è il ritorno alla terra dei banchieri, alla gestione e allo sfruttamento, alla rendita più o meno sicura a fronte dei rischi legati ai traffici.
Così il capitale non viene reinvestito in impresa, viene accumulato e speso a casa, in uno sforzo continuo di abbellimento e allargamento di dimore principesche, dai consumi dispendiosi; viene speso nella cura dei vestiti e dei corpi cosparsi di profumi, unguenti, creme e lozioni. I palazzi di città delle grandi famiglie, così come le chiese, le cappelle, le ville di campagna, dove la stessa campagna viene vissuta come momento di ozio e di stacco dalla vita cittadina, sono tutte uno schiaffo alla povertà e alla mancanza di iniziativa che porta tutta la città a decadere, mancano i soldi per aiutare i poveri, mentre i ricchi passano accanto a loro imparruccati dentro carrozze. Le opere d’arte, la bellezza dei nostri paesaggi hanno avuto delle vittime. Tuttavia, le campagne non si sono spopolate; l’equilibrio fra popolazione e ambiente non è alterato.

Enclosures e rifeudalizzazione, nomi diversi per gli stessi processi, ma con esiti diversi

Tutt’altra cosa accade in Inghilterra; a un certo punto i nobili decidono di investire nelle campagne, perché capiscono che possono vendere la lana ed avere guadagni. Le bestie hanno bisogno di pascoli e spazio, quindi via i boschi e le persone che li abitano. Quindi si cominciano a recintare i terreni comuni dove potevano vivere villaggi di persone in relativo equilibrio con l’ambiente: arrivano le pecore e gli uomini sono cacciati; senza più un tetto dove ripararsi e un terreno da coltivare, cominciano a vagare, smarriti, per il paese. Si crea un esercito di vagabondi: è la nascita dell’idra e arrivano subito le leggi a punire chi non è in grado di sostentarsi perché ha perso tutto.
Così i reietti finiscono in prigione e – da lì – arruolati a forza sulle navi che solcavano i mari o per guerra con le altre potenze dell’epoca, gli olandesi, francesi o spagnoli, o a trasportare le merci a causa delle quali erano stati espropriati del terreno del quale vivevano. Da lì le diserzioni, gli ammutinamenti, la nascita della pirateria, da lì la genesi del nemico dell’impero.

L’idra dalle molte teste che ricrescono

Nasce tutto da lì: i semi della rivolta contadina in Germania, le rivolte cittadine, la Rivoluzione Inglese e quella Americana arrivano tutte da questo processo, da questa ingiustizia che segna il passaggio dal medioevo all’età del capitalismo. Quello che si può capire delle genti che solcavano i mari, volta a volta come pirati, marinai imbarcati a forza su navi da guerra o navi negriere, ex schiavi o schiavi appena catturati, soggetti a punizioni crudeli, dalle vite brevi e tribolate da amputazioni, malanni mai curati, sfruttamento e povertà sono le definizioni che ne danno i vincitori, quelli che hanno potuto imparare a leggere e a scrivere. Sono loro che definiscono la canaglia, la motley crew, ovvero la ciurmaglia multicolore, composta da ribelli irlandesi, levellers inglesi, schiavi fuggiaschi, indiani e meticci, come idra, piante da estirpare, oziosi, farabutti, esseri di una classe inferiore, indegni del vivere civile e all’occorrenza carne da cannone per le guerre mercantili delle potenze dell’epoca.
Secondo Linebaugh e Rediker è questa stessa classe mista di reietti e sfruttati che a più riprese ha incendiato le opposte rive dell’Atlantico. Ma se parliamo di solo spirito, di idee di rivolta, di sentimenti di libertà e giustizia, in poche parole del seme che costituisce il modo di vivere americano e anche anglosassone, allora possiamo dare loro ragione. Ma con lo spirito soltanto non si fanno le rivoluzioni né si vincono le guerre. La Rivoluzione inglese è stata vinta da Cromwell con il New Model Army e quella Americana dalle truppe comandate da Washington. In tutti e due i casi gli eventi vittoriosi hanno richiesto uno spirito superiore di organizzazione, dove la rivolta diventa rivoluzione, dove si può dire che la rivolta si istituzionalizza, con tutti i rischi di derive autoritarie, ingiustizie e controrivoluzione che questo processo comporta.

Il mondo come lo conosciamo

La lettura della formazione dell’impero del mare britannico alla luce della nuova storiografia e sociologia (su tutti Olocausti tardovittioriani di Mike Davis) è ora cambiata, perché bisogna tenere conto di tutti gli apporti che ci mostrano quanti milioni di morti in due secoli (tre se aggiungiamo l’Ottocento con la terribile carestia irlandese e le altrettanto paurose carestie indiane), vittime di un processo di accumulazione che ha dato origine al mondo così come lo conosciamo.
Bisogna anche riflettere sull’elasticità del capitalismo, mai troppo studiata. Ai tempi di Blake (fine Settecento, primo Ottocento) si pensava che l’abolizione della schiavitù avrebbe portato a una società migliore e più libera e che automaticamente sarebbe diventata una società di liberi e uguali. Più avanti nel diciannovesimo secolo si pensava che il sudato arrivo del suffragio universale avrebbe portato al potere le masse e posto fine ai privilegi, egoismi e soprusi della classe predatrice di nobili, mercanti e industriali. Si pensava che le otto ore avrebbero liberato energie da spendere in famiglia e tempo libero; che oltre il pane sarebbero arrivate anche le rose.
Ogni volta le classi dominanti hanno reagito con asprezza e combattuto fino a quando hanno potuto per non perdere la posizione dominante. Ma, realizzata la sconfitta – e cioè la sostanziale antieconomicità di mantenere una posizione rigida – a quel punto le classi dominanti reagiscono con la fuga dei capitali, con l’inizio di nuove attività altrove. Reagiscono globalizzandosi. E’ l’ultimo salto, che non è il frutto degli ultimi venti o trent’anni, ma un processo che si è sempre verificato.
In patria si concedevano i diritti alla sanità e all’istruzione alla sola classe operaia inglese grazie alle sue lotte, ma in India e in altre parti dell’Impero proseguiva la vecchia economia della piantagione, e la ricchezza derivava dagli obblighi delle colonie a commerciare solo con la madrepatria.
Quindi il capitale non è un unico, immenso Moloch: è piuttosto un’idra a più teste, proprio come i movimenti rivoluzionari, e ognuna persegue i propri interessi e convenienze. Quando molti di questi vengono messi in discussione tutti assieme, allora emerge la solidarietà di classe superiore, l’unione sacra per schiacciare le rivolte, l’avvento di meccanismi (mercati, fughe di capitali, regolamenti su tutto: sicurezza, stabilità, assicurazioni, mutue, pensioni etc.) per controllare comportamenti e ribellioni.