Nassim Nicholas Taleb - Il Cigno Nero
Il Cigno Nero ha suscitato un enorme dibattito nel mondo anglosassone dopo la sua uscita, nel 2007 e fa seguito al precedente saggio di Taleb del 2001, dedicato all’impredicibilità delle fluttuazioni di Borsa, ambiente in cui ha lavorato come gestore di un fondo e come analista finanziario. Lo sforzo del Cigno Nero è quello di allargare il campo alla percezione, alla conoscenza dell’impredicibile includendo la storia, la biologia e la psicologia. Siamo tutti dominati dal Cigno Nero, che occupa il regno dell’Estremistan, contrapposto al Mediocristan, dove si trovano le quantità misurabili, gli incrementi o gli eventi ragionevolmente prevedibili che si esprimono in funzioni matematiche.
Ma cos’è un Cigno Nero? Ce lo spiega l’autore nel prologo:
Ciò che qui chiameremo Cigno Nero (con la maiuscola) è un evento che possiede le tre caratteristiche seguenti. In primo luogo, è un evento isolato, che non rientra nel campo delle normali aspettative, poiché niente nel passato può indicare in modo plausibile la sua possibilità. In secondo luogo ha un impatto enorme. In terzo luogo, nonostante il suo carattere di evento isolato, la natura umana ci spinge a elaborare a posteriori giustificazioni della sua comparsa, per renderlo spiegabile e prevedibile.
Taleb prosegue affermando che i Cigni Neri
spiegano quasi tutto il nostro mondo: il successo delle idee e delle religioni, la dinamica degli eventi storici e addirittura alcuni elementi della nostra vita personale.
Tutto può diventare un Cigno Nero
A parte l’incommensurabilità e l’impossibilità di fare una proporzione fra l’incontro con la ragazza che poi è diventata mia moglie e l’ascesa al potere di Hitler, o della recente pandemia di Covid-19, mi sembra che questa sia una definizione astratta e poco comprensibile, perché al suo interno può trovarsi qualsiasi cosa. Questo perché, in tutta l’esposizione, si confonde il punto di vista personale con un punto di vista sociale, si mettono assieme le aspettative di carriera con crisi finanziarie e guerre. Tutto è suscettibile di trasformarsi in un Cigno Nero e Taleb vuole dimostrare che il più delle volte non serve spendersi in previsioni, creare delle aspettative razionali, perché il fato, i casi, la sorte (un asteroide che colpisce la terra, l’affermazione di un dittatore, una guerra, un terremoto, una pandemia, etc, ma anche il crollo di Borsa, la pubblicazione di un libro che rivoluzionerà il mondo delle idee) non sono predicibili ne spiegabili a posteriori.
In realtà tutto il testo è un’enorme pars destruens dove viene spiegato con abbondanza di esempi e aneddoti a cosa dobbiamo prestare attenzione per non trovarci impreparati al Cigno Nero, ma non come affrontarlo. E’ chiaro che non si chiede all’autore il metodo per fermare un’eruzione vulcanica o trovare il vaccino per le epidemie future, ma quale atteggiamento prendere di fronte all’inaspettato. Ammesso che l’atteggiamento verso il reale sia quello dell’empirista scettico, come ci dice e si considera l’autore, come ci poniamo quando dobbiamo affrontare l’imprevisto?
Perché questo è il punto, perché riconoscere che esiste l’imprevisto lo si sa da sempre. Una risposta, alla fine e fra le righe nel libro, l’autore ce la da e cioè ci dice qual è il suo atteggiamento:
Sono molto aggressivo quando un errore in un modello può andare a mio vantaggio e paranoico quando può danneggiarmi….
Per metà del tempo sono un intellettuale, nell’altra metà sono un professionista pragmatico. Sono concreto e pratico nelle questioni accademiche e intellettuale quando ho a che fare con la pratica.
L’amoralità dell’Estremistan
Se queste sono le conclusioni, il lavoro di Taleb assomiglia molto di più a un manuale di autoaiuto, uno fra i tanti che fioriscono negli Stati Uniti in cui i miliardari spiegano e insegnano al pubblico come sono riusciti a fare soldi ed avere successo.
Secondo Taleb il Cigno Nero si annida nelle prove silenziose, negli eventi possibili che non vengono considerati dalla statistica perché troppo estremi, mentre noi ci autoinganniamo con una serie di comportamenti come il cosiddetto bias di conferma (che va tanto di moda), cioè l’errore che facciamo andando a trovare la conferma alle nostre tesi (e in questo internet ha fatto esplodere il fenomeno) e la fallacia narrativa, cioè la caratteristica (anche biologica con un’automanipolazione dei ricordi che avviene nell’ippocampo) di estrapolare elementi che supportino a priori una narrazione che viene costruita a supporto di una tesi.
Tutte queste osservazioni sono utili e vere, ma sono contenute all’interno di una tesi di fondo, che traspare in alcuni passaggi del libro, e cioè che nell’ambiente dell’Estremistan le sproporzioni e le diseguaglianze sono enormi, al di fuori di ogni scala e che in quell’ambiente chi vince prende tutto. Anche questo è vero, ma allora – questo è il passaggio – è naturale che con questi presupposti (bias di conferma e fallacia narrativa le cui caratteristiche affondano addirittura nella biologia) avvengano i fenomeni dell’Estremistan e che in in Estremistan valgano regole diverse ed ingiuste rispetto a quelle costruite dalla comunità. A parte la commistione fra eventi naturali incontrollabili e circostanze sociali (come il mondo della finanza, su cui l’autore torna sempre) che non sono evidentemente la stessa cosa, quello che Taleb fa emergere è che l’Estremistan è per sua natura amorale – e non può essere che così – e per questo motivo le nozioni di giustizia economica e sociale che valgono nella nostra convivenza siano inutili.
L’Estremstan e lo stato di natura
Questo è quello che Taleb implica nella sua esposizione, ma non lo dice mai direttamente, ma in maniera subdola insinua nel lettore questo principio perverso secondo cui è legittimo che chi vince prenda tutto perché ci troviamo al di fuori di un ambiente normale e normato: nessuno ci punirà e in molti passaggi illude chi legge che sia giusto e nobile dedicare la vita a scommesse impossibili, perché da queste uscirà il Cigno Nero che ribalterà la percezione che gli altri hanno di noi: non il perdente e stupido, ma quello che alla fine ha avuto ragione e ha trovato la strada per il successo.
Secondo Taleb è legittimo che il vincitore prenda tutto, perché l’Estremistan è quello che i filosofi del Settecento chiamavano stato di natura, ovvero una condizione precedente e al di fuori delle leggi e dell’autorità in cui, a seconda di come lo si guardava, potevano prevalere l’amore e la fratellanza oppure la prepotenza e l’odio. In Estremistan la legge del più forte è un dato e non viene spiegato il perché debba essere così. In Estremistan ognuno si muove con la sua autonomia, spesso senza considerare l’ambiente che lo circonda e questo da il via libera a disastri che possono coinvolgere anche molti altri, al di là o a dispetto di quanto l’individuo volesse attuare.
Il Cigno Nero uccide la volontà?
Una volta postulata l’esistenza del Cigno Nero nei termini da lui descritti, non rimane che piegare la propria volontà ai fati e accettare stoicamente tutto quello che arriva– è quanto ci viene detto dall’autore nelle sue conclusioni. Ed è proprio questo che non viene preso in considerazione: la volontà degli individui, la volontà collettiva, la forza della comunità a fronteggiare gli eventi drammatici causati dal Cigno Nero e non perché il suo lavoro si vuole amorale, ma perché sottende a un’ideologia ben precisa, ovvero quella che esalta e giustifica la legge del più forte e non solo: che le sue azioni sono morali (Ayn Rand) e naturali (Taleb assieme a molti altri).
Quindi l’Estremistan è una bella trovata propagandistica e senza alcun ancoraggio nella realtà: il solo fatto di mettere assieme in un unico ambiente gli eventi naturali, la società, l’economia e la psicologia umana affermando che obbediscono tutti alle medesime leggi del caso prescinde da un fattore fondamentale: il fattore umano, con la sua volontà che neanche una volta Taleb prende in considerazione nel suo modello. Forse Taleb crede che di fronte al Cigno Nero la volontà collettiva sia inutile, ma non è così e la storia e la realtà lo dimostrano.
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