Masha Gessen - Il futuro è storia
Il futuro è storia racconta il passaggio del crollo dell’Unione Sovietica all’affermazione di Putin. E’ un’antinomia, come se ne trovano altre nel libro, usate per descrivere la vita dell’uomo sovietico, come ad esempio gerarchismo ugualitario. Il senso del lavoro di Masha Gessen, scrittrice russa del New Yorker e di numerose altre importanti testate americane, è la coazione a ripetere che percorre la storia russa e sovietica, in cui si alternano brevi periodi di apertura, a cui seguono lunghi e cupi decenni di repressione. Il valore della sua indagine è quello di fare luce sui modi in cui l’esercizio del potere in uno stato totalitario ha plasmato la personalità collettiva negli anni del caos post Unione Sovietica, preparando il terreno al ritorno dell’ordine e alla negazione della libertà.
Visti da fuori, gli anni di Eltsin, nella totale assenza o nell’effimera presenza di istituzioni non più attive ma nemmeno abolite, assomigliano a una sopraffazione del più forte (non lo Stato o non solo, ma chiunque possa esercitare la forza e la prepotenza) sul più debole, a uno Stato-canaglia dominato dalle mafie che hanno vinto la gara ad accaparrarsi le risorse e i posti chiave del paese.
Masha Gessen preferisce indagare sugli aspetti intimi e personali, o meglio sul come la storia e il potere hanno plasmato quella parte di popolazione mondiale che ha vissuto per tre generazioni in uno stato totalitario, dove l’individuo era cancellato, ma si entrava a far parte di un’unica identità collettiva, quella del Partito.
Amare il grande fratello
Le ultime parole di 1984 di Orwell, amava il Gran Fratello, possono essere messe in un fumetto sopra le teste dei nonni e nonne di molti dei protagonisti che raccontano le loro vite e le storie delle loro famiglie all’interno del libro.
C’è l’agghiacciante storia del nonno di Marina Arjutinova, denunciato da sua nonna durante il Terrore staliniano perché il suo pensiero era ritenuto troppo di destra, in cui la figlia e la nipote erano cresciute con la nonna in una famiglia fatta di sole femmine in cui l’esistenza del nonno era stata cancellata.
Attraverso vari esempi e poesie la madre di Marina prova a raccontare la storia di suo padre, che nemmeno lei conosceva a fondo. Dopo la morte della nonna e attraverso la lettura dei diari della nonna, divenuta una figura eminente del Partito, Marina ha conosciuto la verità e cioè che dopo la denuncia della moglie, il nonno di Marina era stato internato, torturato senza che mai confessasse nulla – perché non aveva nulla da confessare – ed era infine stato ucciso.
La nonna che l’aveva denunciato non aveva mai smesso di amarlo e per tutta la vita non aveva più trovato un uomo alla sua altezza.
E’ l’aspetto più estremo di quello che Masha Gessen chiama il bi-pensiero, cioè l’aderenza totale all’ufficialità e il sentimento chiuso e nascosto nel proprio io e che non dev’essere rivelato a nessuno, perché chiunque potrà usare quella confessione in un futuro vicino o lontano.
Dopo dieci anni di prigionia, il Partito manda la nonna a trovare il nonno, per convincerlo a rientrare nei binari – ma ricordiamo che il nonno era stato un rivoluzionario e aveva votato la sua vita alla causa, al pari di sua moglie – e trascorrono in un hotel quattro giorni di passione.
Ma dopo quei giorni intensi lui non accetta le condizioni del Partito, si lasciano e lui torna in prigione da dove non uscirà più.
E’ una storia straziante, forse la più toccante del libro e testimonia l’annullamento della nonna verso l’organizzazione e l’idea, che la porta a sacrificare il più grande amore della sua vita, sopportando il rimorso in nome di un bene superiore. Non solo: ma continuando ad amarlo! Così come lui ha amato lei fino alla fine.
Uno Stato nazionalista
In questa storia si capisce l’obiettivo del lavoro di Gessen, quello di comprendere come, data una certa struttura sociale che è crollata su se stessa, come i fondamenti che la reggevano abbiano potuto sopravvivere sotto le macerie e riproporsi in una nuova veste: uno stato nazionalista, fondato sul risentimento per la passata gloria e sulla rivendicazione del posto al mondo che era della vecchia Union Sovietica.
Uno stato in cui un solo comandante si allea con la Chiesa ortodossa, reprimendo le minoranze (omosessuali per primi) e avocando a se la nomina di tutti i poteri periferici, controllando la nuova polizia FSB, che è rimasta nelle strutture il vecchio KGB: pronta a obbedire agli ordini, a uccidere chi prova a ribellarsi, sia in patria (Nemtzov , Politkovkskaja) sia all’estero con attentati volutamente spettacolari e l’uso del polonio radioattivo.
Putin ha cominciato con Khodorkhovskji , il miliardario petroliere che credeva di sfidare il suo nascente potere. Il suo arresto e il ventennio trascorso nelle galere russe dopo condanne reiterate hanno persuaso gli oligarchi mafiosi dell’era Eltsin a venire a patti.
Creare una dittatura con le elezioni
L’opinione pubblica è entusiasta: finalmente ha ritrovato l’uomo capace di fermare soprusi, ruberie e violenze. Da quel momento in avanti la popolarità di Putin è sempre cresciuta e non è mai scaduta agli occhi dei russi, perché ha riportato una qualche certezza nell’esercizio della legge, mentre prima alla corruzione endemica per ogni cosa si era sovrapposta la violenza esercitata da eserciti privati, che scacciavano gli abitanti dalle loro vecchie case nella più totale indifferenza della polizia.
Non è stato un passaggio da poco, quello di Khodorkhovskji, innocente o colpevole che fosse, ma Masha Gessen ne accenna appena nel suo libro, dove però si trovano i meccanismi che ha inventato il regime di Putin per perpetuare se stesso.
La competizione elettorale è di fatto ristretta ai soli partiti esistenti e cioè Russia Unita di Putin, i liberaldemocratici di Zhiirinovski e i comunisti di Zhuganov, tutti fortemente nazionalisti e un partito fantoccio, Russia Giusta, a recitare la parte di finta opposizione, da destra, mentre gli altri due, liberali e comunisti, votano quasi sempre assieme a Russia Unita.
Nelle elezioni Russia Unita vince con percentuali dal 51 al 60 per cento dei voti, ma è una truffa perché i militari vanno a votare più volte e in più seggi senza alcun controllo, oppure versano nelle urne centinaia di schede già votate.
Una nuova formazione politica per partecipare alle elezioni deve raccogliere due milioni di firme provenienti da tutte le repubbliche e territori in cui è divisa la Russia e per ognuna le firme non possono superare le cinquantamila. Spetta poi alla commissione elettorale valutare se ammettere il nuovo partito alle elezioni.
Il bavaglio alle proteste
In questo modo è impossibile che nascano nuovi partiti organizzati e le proteste via web o su piazza vengono soppresse con facilità, grazie a regolamenti estremamente restrittivi. Ad esempio per manifestare occorre il permesso della polizia e la domanda dev’essere fatta quindici giorni prima e nella domanda dev’essere incluso anche anche il numero dei partecipanti. Per motivi di sicurezza non si possono portare striscioni o cartelli attaccati a bastoni e per entrare nell’area della manifestazione occorre passare la perquisizione disposta dal cordone di sicurezza delle forze dell’ordine.
Questa, alla fine, ci dice Masha Gessen, è la Russia di oggi, così simile a quella di ieri, il cui passato viene ora letto come un periodo glorioso in cui l’URSS era la nazione più temuta e rispettata al mondo.
A Putin, così vuole la retorica di regime, va il merito di aver riportato la Russia a quella posizione di grande potenza, ma pare che l’unico modo di arrivare a questo sia stato sacrificare libertà individuali e diritti, inculcando l’idea siano qualcosa di estraneo alle mitizzate pazienza e tenacia del popolo russo.
Nascere e vivere meno, il dissenso biologico
Il popolo russo rincula: la denatalità è un problema e il tasso di mortalità è sessantacinque anni, contro i 78/82 degli altri paesi industrializzati. Alcolismo, depressione, suicidio e denatalità: un cocktail implosivo in cui Gessen dimostra che è la mancanza di una prospettiva di miglioramento a causare morti premature.
I russi si lasciano morire per effetto della loro infelicità e il regime pensa che la cosa migliore da fare sia difendere la famiglia lanciando campagne virulente contro omosessuali e pedofili, montando l’isteria su una categoria di persone o di reati che prima non erano un problema.
La Russia non ha mai avuto prima degli ultimi anni grossi problemi con le violenze sui minori, ma da un certo punto in avanti hanno avuto risalto mediatico, sono state fatte diventare un problema, hanno occupato uno spazio preponderante nel dibattito, offuscando i problemi economici di mancata crescita, povertà diffusa, deficit di democrazia.
E’ per questi motivi, conclude Masha Gessen, che il futuro della Russia appartiene alla sua storia.
Il percorso dei regimi autoritari: vecchia repressione e nuovo controllo
Il regime di Putin arriverà a una fine, ma le strutture che lo reggono sono destinate a permanere: immobilità dei partiti politici, controllo dei media e della magistratura, controllo diretto delle forze militari e di polizia, controllo a distanza sulle vite dei cittadini a livelli crescenti, anche grazie alle innovazioni dell’informatica.
Da quest’ultimo punto di vista il modello è la Cina, che ha introdotto ovunque sistemi di telecamere con software di riconoscimento facciale, in modo da risalire immediatamente ai trasgressori, ma soprattutto obbligando i suoi cittadini a comportamenti virtuosi che forniscono premi illusori (esempio un viaggio in prima classe sui treni ad alta velocità per aver pagato le tasse nei tempi dovuti o non aver preso multe nell’ultimo anno) e castighi che modificano in peggio la vita dei cittadini (esempio divieto di viaggiare sui treni per un certo periodo, in caso di contravvenzione a certi doveri imposti dall’autorità), spesso trascinandoli in un imbuto che risucchia sempre più in basso l’esistenza dei più deboli.
Il tutto mascherato dalla finta oggettività della macchina, per cui non sarà neanche un’autorità in carne ed ossa a stabilire la pena, ma un meccanismo opportunamente programmato che, ad esempio, da un certo momento ordinerà a tutti i dispositivi di non accettare la carta di credito del cittadino (non più cittadino) colpevole di non aver seguito le regole: ad esempio aver fumato in un’area pubblica proibita.
L’arbitrarietà di chi programma è illimitata e lo sforzo per mantenere le regole sarà minimo.
Se tutto questo riguarda anche noi, il futuro sarà più asfissiante in società dove prevale il controllo a distanza e le regole della democrazia sono state svuotate o stravolte, riducendole al solo esercizio di un voto ogni quattro o cinque anni, che prevede una delega svuotata di senso.
Gli Imperi centrali
Non è un caso che i legami più forti sono stati stretti fra Cina e Russia, attraverso la costruzione da parte cinese di grandi opere infrastrutturali in territorio russo, in modo da stabilire forti legami con lo scambio di merci, tecnologie e materiali. Si ripropone su una scala enorme lo stesso scenario che nella prima guerra mondiale era lo schema europeo delle alleanze. In questo senso Russia e Cina sono i nuovi, immensi imperi centrali, che assorbiranno nella loro sfera di influenza altre potenze vicine, come l’Iran, il Vietnam, il Laos, la Birmania, la Corea del Nord e forse anche il Pakistan.
Tutto intorno come una cintura si schiererà il mondo occidentale, l’alleanza marittima formata dagli europei, dagli americani e dagli eredi del vecchio Impero britannico. La rinascita dei nazionalismi alla fine rischia di portare questi due blocchi a una crescente ostilità ed è questo il pericolo maggiore: una nuova guerra per il controllo delle risorse e delle fonti d’acqua per una crescente popolazione mondiale.
La guerra si scatenerà sulle terre più ricche di risorse, il sud del mondo, Africa e Sud America.
Si combatterà per l’acqua o per il possesso di materie prime; questo è il terribile scenario futuro, e la strategia sarà determinata delle tecnologie del controllo e dell’uso dell’arma nucleare.
Come sarà il dopo Putin?
La Russia è pronta. Lo Stato ha ripreso il controllo con l’arresto degli oppositori, resi incapaci di organizzarsi da una rete di regolamenti polizieschi che impediscono di manifestare, così come la formazione di gruppi critici od ostili al regime. La Russia è tornata ad essere quello che era, sostiene Masha Gessen, supportata dalle analisi annuali del Centro Levada, che anno dopo anno registra la sopravvivenza e perpetuazione dell’Homo Sovieticus, cioè di una forma di esistenza che, in nome della stabilità, sacrifica diritti e libertà, senza considerare che è nella natura di un regime totalitario rendere i propri cittadini vigili e paranoici, per esser preparati a cambi di corrente, leggi improvvise, nuovi nemici.
Quello che Putin ha sviluppato è già una forma di totalitarismo, fondato sul nazionalismo, sulla paura di essere soverchiati da un nemico esterno, cioè l’Occidente, USA ed Unione Europea, che non smettono però si esercitare la loro influenza sui paesi ex sovietici, dando modo alla Russia di esercitare il ruolo di vittima, di orso attaccato che reagisce con rabbiose zampate, fornendo l’alimento più vitale al revanscismo di Putin.
Quello che Masha Gessen non si spinge a dire è chiedersi cosa accadrà nel dopo Putin. Ovvero se sopravviverà il sistema attuale ritagliato a suo uso, oppure dovremo aspettarci una nuova epoca di disordini a cui verrà messo fine con la nascita di un nuovo sistema autoritario.
Gessen ci lascia con la speranza che la generazione cresciuta sotto il regime di Putin non è quella che ha vissuto il regime sovietico e il suo crollo, da cui è rimasta segnata e preda inerme di spinte centrifughe e della legge del più forte.
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