Andrea Wulf - Magnificent Rebels
L’incontro di più persone che si riconoscono affini, da cui nasce un forte sentimento di solidarietà e amicizia non da sempre i frutti che uscirono dalle menti che si erano riunite a Jena fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Più spesso, in vecchiaia, ognuno ricorderà e idealizzerà momenti memorabili e altri tireranno fuori ricordi in foto, forse lettere, forse frasi che hanno galleggiato negli anni nelle menti di chi c’era, ma tutto questo non può spiegare come, in alcuni momenti, la riunione di menti superiori o geniali porti a un cambio rivoluzionario, al cambio di paradigma e di percezione di se.
I romantici furono tutto questo e senza programmare nulla: arrivarono a modificare in profondità la cultura dell’epoca e influenzare in maniera indelebile le successive. Lo spirito romantico vive ancora oggi, l’ultimo movimento paragonabile a quella rottura fu l’ondata punk (che avrebbero volentieri fatto a pezzi quello che pensavano essere “romantico”) e quello precedente fu quello delle avanguardie futuriste ed espressioniste a cavallo del secolo e durante la rivoluzione sovietica.
A cavallo della Rivoluzione
Non è un caso che i maggiori movimenti di rottura avvengano a cavallo di rivoluzioni: i filosofi Fichte e Schelling, gli intellettuali fratelli Schlegel, Caroline Boehmer (moglie prima di August Wilhelm Schlegel e poi di Schelling), il drammaturgo Schiller, Wolfgang Goethe, i poeti Novalis, Hoederlin e Tieck, tutti tiepidamente o decisamente erano favorevoli agli ideali della rivoluzione francese e grandi ammiratori di Napoleone.
Senza gli eventi di Parigi del 1789 e il riverbero in onde concentriche negli anni successivi, la rivoluzione romantica non sarebbe potuta avvenire per il semplice fatto che agli stessi personaggi forse tutti quegli stimoli alla rottura non sarebbero venuti in mente o sarebbero stati repressi da loro stessi o da uno dei tanti regnanti del Sacro Romano Impero.
Forse un ambiente come quello sviluppatosi a Jena non sarebbe stato permesso, per non dire degli studenti, a cui non sarebbero stati rilasciati i visti per raggiungere quell’università.
Jena, dunque: una cittadina di quattro-cinquemila abitanti lungo il fiume Saale, sede di università e seconda o terza città di un minuscolo regno la cui capitale è Weimar e la cui altra città principale è Erfurt, dove Lutero due secoli prima aveva affisso le sue tesi.
A Weimar vive Goethe come consigliere perpetuo del duca di Sassonia, per il quale si occupa di teatri, giardini, università e apparentemente di tutto quello che gli viene in mente. Quello che lo lega al duca elettore è una vera amicizia ed è grazie a questa che esercita un’enorme influenza, tale ad esempio da spingere per fornire una cattedra a Jena a un giovane filosofo, Johann Fichte, che ha scritto una Critica simile in stile e impostazioni a quelle di Kant, ma dedicata alla religione. Tale da fornire di una cattedra a un altro giovane e promettente filosofo, Friedrich Schelling, che partendo dalla filosofia dell’Ich di Fichte approderà alla filosofia della natura che sarà la base teorica di tutto il movimento romantico.
Quindi Jena: Rivoluzione francese più Goethe, che incontra Schiller, che incontrano tutti gli altri più giovani. Ma tutto questo potrebbe non portare a nulla, perché mancherebbe la scintilla, l’ultimo e più importante degli ingredienti: Caroline Boehmer.
Il potere è donna
Andrea Wulf da finalmente credito a una donna il cui nome non compare in nessuna opera, ma che fu la vera animatrice e polo di attrazione di quel gruppo di giovani uomini arrivati a Jena. Nessuno era rimasto insensibile al fascino e alla bellezza di Caroline: August Wilhelm Schlegel la sposa dopo anni di corteggiamento, suo fratello minore Friedrich se ne innamora e tutti quelli che vengono a contatto con lei ne restano affascinati. Da lei viene il potere di riunire tutte quelle persone ed è lei che catalizza le energie di poeti, filosofi e intellettuali. Lei stessa edita e traduce Shakespeare in versi in tedesco assieme al marito Auguste Wilhelm, anche se il suo nome non comparirà mai (ma in più testimonianze suo marito le renderà merito).
I due geniii loci sono Caroline Boehmer e Wolfgang Goethe: sono loro che hanno reso possibile la nascita del romanticismo, che non è la degenerazione sentimentale del termine così come può essere intesa oggi, ma l’affermazione dell’unione dell’Io dell’uomo con la Natura (secondo Schelling), ovvero della mente che diventa un tutt’uno con il mondo che ci circonda.
Si usano altri termini, ma non siamo molto lontani dalle conclusioni raggiunte da Gregory Bateson.
Io e Natura
I primi romantici erano affascinati dalla scienza e dalle sue scoperte, come Goethe, che assieme ad Alexander von Humboldt (prima di partire per le sue esplorazioni in Sud America) condurrà per mesi esperimenti sui cadaveri di rane e sul galvanismo (la conduzione elettrica). Quali fantasie poteva accendere la scoperta che anche i cadaveri potevano muoversi di nuovo, se attraversati dalla corrente elettrica! Quando ancora non si sa nulla, l’immaginazione viaggia veloce e per arrivare a Frankenstein di Mary Shelley (moglie di Percy Bysshe Shelley, poeta della seconda ondata dei romantici inglesi) passeranno due decenni, in cui la rivoluzione nata in una piccola cittadina del Sacro Romano Impero, si diffonderà in Inghilterra con Coleridge, che tradurrà dal tedesco alcune delle opere uscite in quegli anni.
Coleridge, che prova a raggiungere Jena quando tutto sta succedendo, ma non ci riesce, resta senza soldi a metà viaggio e comunque mentre è bloccato impara il tedesco, procurandosi le opere e i giornali di quei rivoluzionari del pensiero e dell’estetica che non è riuscito a raggiungere.
Sono onde concentriche, che si sprigionano dal centro dell’Europa, attraverso l’Athaeneum, la rivista fondata e diretta da Friedrich Schlegel, il giovane e impulsivo (e attaccabrighe) fratello di Auguste Wilhelm, che entra in urto con Schiller. Su Athaeneum Novalis pubblica gli Inni alla notte, i fratelli Schlegel e lo stesso Novalis pubblicano frammenti, stralci di poesie e pensieri, inaugurando una nuova forma di espressione libera da schemi e generi.
Ma quella che è l’essenza del movimento romantico è lo sforzo di riportare a unità quello che è stato diviso – e in questo sforzo – spontaneo per i protagonisti di questa storia – soggiacciono le opposte tendenze generate in poco tempo dal movimento romantico.
Le derive e l’avvenire
Ritrovare l’unità perduta significa tornare alle tradizioni, al Genio del Cristianesimo di Chateaubriand, tornare ad amare il vecchio, adorare gli inni sacri e incomprensibili, il mistero, l’incomprensibile e soprattutto riverire l’autorità che emana da tutto questo, riconoscere i dogmi, l’infallibilità di un potere sganciato dalla volontà degli uomini e – sottinteso – anche di uomini che si sganciano dai destini dell’umanità. Sono le radici della Restaurazione, il lato che attraverso l’estetica delle rovine cerca di rendere accettabile il ritorno del vecchio regime – un ritorno impossibile, un ritorno che genererà i mostri come Julien Sorel de Il rosso e il nero di Stendhal.
Ma il gruppo di Jena è proteso verso l’avvenire, sposa gli ideali della Rivoluzione francese ma adora la notte ammantata di mistero. Nel complesso è un movimento di rottura, quindi rivoluzionario, perché rompe gli schemi dei generi, criticano l’establishment letterario attirandosi le condanne di tutti. L’idillio di Jena dura pochi anni, poi il gruppo inizia a sfaldarsi con la cacciata di Fichte dall’università con l’accusa di ateismo, mentre dopo l’esordio dirompente, le riviste letterarie ignorano o criticano l’Athenaeum.
All’interno del nucleo Caroline divorzia da August Wilhelm Schlegel e si risposa con Schelling, ma durante tutto il periodo i corteggiamenti, i flirt dei vari personaggi fra loro e con altri non si fermano (Schlegel nel frattempo ha due relazioni confessate apertamente alla moglie): insomma, le relazioni tenute assieme in nome di un esprit superiore (che, comunque Wulf non racconta mai come un’aperta professione di libertinaggio, come avveniva nei salotti parigini) a un certo punto si spezzano, mischiando forse piccole ripicche e gelosie che diventano grandi rancori.
Il sasso nello stagno
Sembra che tutto debba dissolversi, che il romanticismo sia solo una moda passeggera destinata a finire per mancanza di continuità e di seguaci – e invece accade l’imprevisto: il movimento continua comunque in Germania ma soprattutto emigra in Inghilterra, dove prosegue con Coleridge e Wordsworth che danno inizio con le Lyrical Ballads a un’era di poeti in gran parte morti giovani, (come Novalis, ma anche Keats e Shelley), oppure impazziti (come Hoederlin, ma anche dipendenti dall’oppio come Coleridge), oppure ribelli che si battono ovunque per la causa degli oppressi contro gli oppressori. Non ci sono nazioni o popoli: si combatte per l’Idea, come farà Byron che morirà sul campo di battaglia per l’indipendenza greca, a Missolungi e senza il cui esempio non avremmo forse mai avuto Garibaldi.
Il romanticismo nasce forte e contrastato, figlio della Rivoluzione francese (anche gli inglesi erano ammiratori della Rivoluzione, meno di Napoleone) ed emigra a ovest (Inghilterra e America, con Thoreau e Whitman) a sud (con Foscolo e Leopardi), a est (con Pushkin e Lermontov).
Lo spirito del romanticismo, quello che Wordsworth in uno dei suoi poemi più celebri chiamò Wild West Wind, traghetterà gli ideali del 1789 negli anni bui della Restaurazione e della Monarchia di luglio fino al 1848 e alla Comune di Parigi, permeando di se tutto il secolo e le lotte di liberazione nazionale, dal sud America all’Europa meridionale e orientale. E tutto nacque in una piccola cittadina di quattromila abitanti, nel centro della vecchia Europa ancora dominata da duchi e principi alla testa di micro Stati senza alcuna rilevanza politica.
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